Lezione 2: Rassegna della tradizione italiana

La tradizione italiana

tradizione italiana

Non è certo possibile passare qui in rassegna le manifestazioni architettoniche italiane altro che per rinviare alle singole trattazioni speciali: dalla rozza architettura etrusca, piena di vita costruttiva, all'architettura italica fino a tutta la repubblica romana, fusione di elementi etruschi ed ellenistici; all'architettura imperiale romana, grandiosa costruzione drappeggiata di rivestimenti decorativi, che ha lasciato su tre continenti i suoi resti e su quelli ha scritto la storia politica, amministrativa e sociale altrettanto eloquentemente che le narrazioni di Svetonio e di Tacito; alle basiliche cristiane, in cui l'architettura romana sviluppa il tema della nuova religione trionfante; alle prime costruzioni bizantine di Milano e di Ravenna, in cui ancor vive lo schema spaziale e costruttivo delle terme romane; alle povere chiese del primo Medioevo, alle quali dopo il Mille succede la fioritura dei vari stili regionali romanici e segnatamente del lombardo, dove è nuovamente risolto il problema statico ed estetico della basilica coperta a vòlta; al cosiddetto periodo gotico che vede taluni innesti francesi e tedeschi sul tronco dell'architettura delle chiese e dei palazzi romanici; al magnifico Rinascimento in cui l'anima architettonica italiana ritrova pienamente il suo sentimento classico applicato ai temi nuovi, con la grazia quattrocentesca, con la perfetta armonia semplice della prima metà del Cinquecento, con le forme complesse della seconda metà; al barocco turgido, ricco di effetti scenografici, padrone delle masse e dell'ornato che adatta ai fini più diversi, rispondente talvolta più che il Cinquecento alla tradizione imperiale romana, ripresa dalla chiesa cattolica negli edifici sacri della Controriforma; al neoclassico che segna un ritorno della cultura ad interrompere il libero sviluppo artistico.

Quest'enorme produzione, che ci ha lasciato un patrimonio inestimabile di monumenti, tali da far dire che la civiltà italiana è stata essenzialmente architettonica, ha avuto una continuità serrata e una forza espansiva che si manifestano nel modo più diverso nei varî periodi a seconda delle condizioni e delle cause varie che a questi presiedono. Mentre nel periodo romano la diffusione architettonica nel mondo risponde a una potenza politica e a una sapienza tecnica organizzatrice, nel periodo lombardo l'emigrazione sul Reno e in Francia dei maestri di muro e di scalpello è basata solo sulla loro perizia costruttiva ed artistica; e il fenomeno si ripete ben più grandioso dal Cinquecento all'Ottocento, nei secoli in cui l'Italia non era più ormai che un'entità geografica. Per opera di architetti stranieri, debitori allo studio dei nostri monumenti della loro formazione artistica, ma più ancora per opera dei tanti architetti ed artefici nostri chiamati all'estero, lo stile che di regionale era divenuto, da Bramante in poi, nazionale, diviene mondiale e dà ovunque forma a palazzi, chiese, castelli, fino a costituire sottostili come il francese e l'inglese, i quali, pur avendo uno sviluppo a sè, non sono che sue derivazioni.

Interessante è altresì lo studio del fenomeno inverso, cioè degli apporti che in vario tempo hanno recato alla nostra le architetture estere, come nell'antichità la greca e nel Medioevo la bizantina (in Calabria e sulle coste adriatiche), la musulmana (in Sicilia e sulle coste del Tirreno meridionale), e specialmente la gotica. Quest'ultima in particolare ci fornisce uno dei più interessanti fenomeni di assimilazione e di riassorbimento, spiegabili solo in un ambiente architettonico saldamente e tradizionalmente costituito che ha reagito contro l'internazionalizzazione. Dagl'inizî del Duecento in poi la prima diffusione di architettura francese, dovuta al monachesimo cisterciense e alla dominazione angioina, ha man mano ceduto il campo a nuovi tipi, in cui la nuova moda appariva solo in alcuni aggraziati elementi decorativi, mentre il macchinoso e troppo ingegnoso schema delle fragili cattedrali d'oltralpe era messo da parte. In questo adattamento, come giustamente dice il Burckhardt, l'anima stessa del gotico settentrionale è stata sacrificata: non più la chiesa concepita come uno schema ascendente, come un sistema di forze che cercano nello slancio il loro sviluppo e il loro equilibrio, ma il senso meridionale dello spazio ampio e delle masse a linee longitudinali, ma il carattere indigeno delle forme e delle proporzioni, intatto sotto il velo della decorazione gotica e, quasi indipendentemente da essa, proseguente a svilupparsi per proprio conto.

Tra le cause permanenti di questa continuità, alcune hanno carattere geografico. Pur nella diversità di clima e di materiali delle varie regioni italiane c'è tuttavia un'unità: cielo chiaro, temperature moderate, terreni in cui le montagne si alternano con i piani, sì che nessuna tendenza v'è ad esagerare nello sviluppo orizzontale, nessuna ad esagerare in quello verticale; pietra e argilla abbondanti e prossime ovunque; abitudini di vita all'aperto nelle belle piazze, simili a sale di riunione, ove si affacciano i principali pubblici edifici.

L'altro elemento è invece spirituale e risiede nella razza. La sensibilità artistica, la ricerca della bellezza, non si sono qui indirizzate verso una perfezione irraggiungibile e generica come presso il popolo greco, ma si sono invece volte, con raro equilibrio tra il senso pratico e l'estetico, ad una ben più varia ed ampia gamma di motivi e di tipi. L'architetto come anche l'artefice italiano (figure tra loro spesso confuse) è stato un costruttore, spesso esperto e sapiente ma non schiavo della costruzione. Ha spesso considerato la facciata di un edificio come un'opera d'arte per sé stante, ha, pur senza rinunziare alla grande composizione spaziale degli interni, nella quale il rapporto tra costruzione e massa architettonica era diretto, non di rado seguito il sistema del rivestimento aggiunto, essenzialmente preoccupato dell'effetto di grazia raffinata in ogni elemento, sia quando ha adottato mezzi semplici, sia quando ha voluto fare opera ricca ed ornata.

Questa costanza di ragioni e questa continuità di programmi hanno pertanto costituito una vera tradizione in ciascuna delle sue regioni. Esse fanno sì che, pur nel mutare degli stili, i monumenti e le opere minori di una stessa città (come a Roma, a Venezia, a Firenze, a Siena) abbiano tutti un'aria di famiglia ed armonizzino tra loro anziché mostrare contrasti tra manifestazioni d'ordine diverso, sicché ne assume una grande intensità l'ambiente architettonico che si riflette come condizione immanente, con la sopravvivenza delle opere dei secoli scorsi, pur nella produzione nuova.